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Incidenti stradali: Il fallimento del controllo e l’urgenza della presenza umana.

Solo negli ultimi cinque giorni nelle strade si sono registrati 5 sinistri mortali, sorpassi azzardati, distrazione, mancato rispetto dei limiti lo valuteranno le indagini in corso, sta di fatto che le macchine di polizia in divisa che fermano e sanzionano gli indisciplinati pericolosi non se ne vedono. Più facille fare demagogia approfittando di ogni morto per invocare l'autovelox che in nome della sicurezza porta soldi e non ne fa spendere.

Nell'ultima settimana 8 decessi sulle nostre strade
Nell'ultima settimana 8 decessi sulle nostre strade

Ogni giorno in Italia, sulle nostre strade, si consuma una tragedia silenziosa. Gli incidenti stradali continuano a essere una delle principali cause di morte e invalidità nel nostro Paese, con numeri allarmanti che parlano chiaro: migliaia di vittime ogni anno, decine di migliaia di feriti, costi sociali incalcolabili. Eppure, di fronte a questa emergenza, l’attenzione resta intermittente, spesso confinata al clamore mediatico di qualche evento estremo, per poi svanire nell’indifferenza.


Ma dietro questi numeri c’è una verità più profonda, più scomoda e che nessuno o pochi denuncia: la sicurezza stradale in Italia è diventata una vittima collaterale della disorganizzazione, dei tagli alle risorse e della crescente dipendenza da soluzioni tecnologiche illegali che, da sole, non bastano.


Pattuglia della Polizia Stradale
Pattuglia della Polizia Stradale

L’indisciplina stradale è fuori controllo

Chiunque percorra le strade italiane con regolarità lo sa: la percezione di impunità ha generato comportamenti sempre più pericolosi e diffusi. Limiti di velocità ignorati sistematicamente, sorpassi azzardati, guida distratta dal cellulare, uso di alcool e stupefacenti. Non si tratta più di casi isolati, ma di un fenomeno culturale, un'abitudine radicata nella mancanza di controlli visibili e concreti.

E qui emerge il primo nodo critico: la drastica riduzione delle pattuglie delle forze di polizia tutte. In molte zone del Paese, soprattutto nelle ore serali e notturne o nei giorni festivi, non è raro che la presenza delle forze dell’ordine sia pressoché nulla. La deterrenza non può esistere se nessuno controlla, se nessuno ferma, se nessuno interviene e sopratutto se nessuno punisce.

Una pattuglia su strada non rappresenta solo un presidio di legalità: è un simbolo, una garanzia, una voce che può fermare, spiegare, ammonire, decidere. È un agente che può valutare una situazione complessa, distinguere tra una semplice infrazione e un comportamento realmente pericoloso. È la differenza tra un algoritmo che scatta una foto e un essere umano che salva una vita.


La tecnologia non può sostituire la responsabilità

Negli ultimi anni, la risposta delle amministrazioni è stata prevalentemente tecnologica: autovelox, telecamere, tutor. Strumenti utilizzati in modo distorto, talvolta ai limiti della legalità o completamente fuori dalle norme come abbiamo provato. I dispositivi non sono omologati, sono male segnalati, installati con lo scopo implicito di fare cassa più che di prevenire e fare sicurezza.

Ma soprattutto, questi strumenti non possono sostituire la funzione insostituibile del controllo umano. Un dispositivo elettronico non può accorgersi se un conducente è stanco, alterato o aggressivo. Non può leggere il contesto. Non può intervenire sul momento. E non può educare.

Affidarsi esclusivamente a questi strumenti significa rinunciare a una visione complessiva della sicurezza stradale. Significa spostare l’attenzione dalla prevenzione alla repressione cieca, dalla cultura alla burocrazia.

Le modifiche al codice della strada
Le modifiche al codice della strada

Serve una nuova strategia nazionale

Se vogliamo davvero ridurre il numero di incidenti, se vogliamo salvare vite, serve un cambio di passo radicale. Servono investimenti seri nel rafforzamento delle forze dell’ordine sul territorio. Servono più agenti, più mezzi, turni strutturati per coprire anche le fasce orarie più critiche. Serve una presenza capillare, visibile, formata e motivata.

E serve anche una riflessione profonda sul ruolo della tecnologia: non come sostituto, ma come supporto al lavoro umano. Solo così si può ricostruire quel senso di responsabilità collettiva che oggi sembra smarrito.

Perché non c’è telecamera che possa guardare negli occhi un automobilista e fargli capire che la sua condotta non è solo un’infrazione, ma un potenziale crimine. Solo la presenza fisica di uno Stato attento, giusto e presente può rimettere ordine sulle nostre strade.

E dietro ogni pattuglia che manca, potrebbe esserci un incidente che si sarebbe potuto evitare.




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